Don Giuseppe Puglisi nasce nella borgata palermitana di Brancaccio il 15 settembre 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta, e viene ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno.
DON PUGLISI - EDUCATORE INSTANCABILE DEI GIOVANI
Come rilevato dalla Corte di Cassazione, le sentenze di merito, nel ricostruire il fatto, hanno ritenuto “che l'omicidio fosse maturato in un contesto mafioso, individuando la causale nel preminente interesse dei fratelli Graviano, capiclan del mandamento Brancaccio di Palermo, a far tacere una persona impegnata da anni nel sociale, pronto a combattere ogni forma di sopruso e di prevaricazione. Infatti padre Puglisi era considerato un esponente di punta del clero siciliano, in quanto aveva trasformato la sua parrocchia in una prima linea nella lotta al potere mafioso imperante nel quartiere Brancaccio di Palermo, educando i giovani e le famiglie ad un quotidiano impegno sul territorio”.
E’ rimasto profondamente impresso nella memoria collettiva il momento in cui Padre Pino Puglisi andò incontro alla morte, rivolgendosi ai killer mafiosi con un sorriso e con le parole: “Me lo aspettavo”.
Il suo sorriso, e il suo coraggio, continuano a vivere nell’animo di tutti coloro che l’hanno conosciuto e che si propongono di continuare la sua opera di “intensa ed instancabile attività di risanamento morale e sociale”, nella quale va individuata la causale della sua barbara uccisione, come ha sottolineato la sentenza di primo grado, che ha evidenziato che “ciò che doveva essere bloccato era il progetto che il parroco stava attuando di liberare le forze sane della società civile, favorendo un processo di avanzamento del fronte della legalità: detto fronte doveva essere spezzato, colpendo al cuore questo movimento, e l’attacco doveva essere condotto proprio nel cuore del quartiere di Brancaccio, dove indiscusso ed inviolato dilagava il potere dei fratelli Graviano, indicati unanimemente come i reggenti del mandamento, controllori incontrastati del territorio e di parte dell’apparato militare della mafia”.